Monica Cioli
Nel febbraio del 1909 «Le Figaro» pubblicava a Parigi il Manifesto fondativo del futurismo, firmato da Filippo Tommaso Marinetti: d’ora in poi la macchina, nelle varie accezioni ed evoluzioni, era destinata a restare al centro del lunghissimo discorso futurista. Soprattutto nel contesto italiano, dove era debole la cultura del socialismo e scarsa la fiducia nelle istituzioni democratiche, la proposta di Marinetti aveva anzitutto il significato politico di promuovere una rivoluzione antropologica orientata alla creazione dell’“uomo nuovo” e di una corrispondente nuova élite.
La dimensione in cui collocare il futurismo è però internazionale (anzi trans-nazionale) e non nazionale, tanto meno sciovinista, come non raramente si è tentati di fare, come con il cubismo. È invece alle influenze reciproche, ai rapporti fra le diverse Avanguardie che bisogna guardare, anche perché è in tale contesto che il futurismo ha dato rilievo mondiale all’Italia.
Il talk prende spunto dalle ricerche svolte nell’ambito del progetto Horizon 2020, di cui la Scuola Normale Superiore è beneficiaria, che intende vedere questi nessi nella convinzione che, pur nelle differenze nazionali, il concetto di macchina abbia subito un mutamento paradigmatico all’indomani della Prima guerra mondiale e della Rivoluzione d’Ottobre che ci ha portati, attraverso le varie tappe che hanno caratterizzato il Novecento, all’intelligenza artificiale di oggi e soprattutto di domani.
This project has received funding from the European Union’s Horizon 2020 research and innovation programme under the Marie Skłodowska-Curie grant agreement No 101022502
Aula Bianchi, Palazzo della Carovana